All’inizio del XII secolo il fenomeno della schiavitù come conseguenza delle invasioni e delle incursioni dei seguaci di Maometto nelle terre cristiane dell’Europa (Spagna e popolazioni costiere del bacino mediterraneo) fu un fenomeno complesso e costituì un problema preoccupante non solo per la perdita della libertà ma soprattutto per il pericolo di perdere la fede, a cui gli schiavi erano esposti.
Pietro Nolasco fu tra quelli che ne presero seriamente a cuore la soluzione.
Nato verso il 1180 in Mas Saintes Puellas (Tolosa, Francia), Pietro Nolasco con la sua famiglia si stabilì fin da piccolo in Barcellona (Spagna) dove, seguendo le orme del padre, divenne un mercante. La tradizione lo definisce “ottimo mercante”. Effettivamente fin dalla maggiore età si manifestò in lui la futura missione carismatica che avrebbe avuto dentro la Chiesa e la società.
Si unì ad alcuni compagni, partecipi delle sue ansie a favore degli schiavi, e con essi si dedicò alla redenzione di quei fratelli oppressi. Nei primi venti anni di vita, Pietro Nolasco si dimostrò un giovane coraggioso, decisamente orientato verso la liberazione dei cristiani schiavi la cui fede era in pericolo.
La sua professione di mercante fu di grande utilità per il suo gruppo di redentori, in questa fase iniziale, poiché a coloro che esercitavano questa professione, come persone conosciute, era concesso facile accesso ai paesi musulmani. Questo gruppo di compagni di Pietro Nolasco era formato, con dice il Re Giacomo II in una lettera al Papa Bonifacio VIII nel 1301, da laici che “avevano grande devozione verso Gesù Cristo che ci redense con suo sangue”.
Il giovane Pietro Nolasco e i suoi compagni esercitarono l’arte di mercante non per arricchirsi comprando merci ma facendosi essi stessi poveri per dare la libertà ad esseri umani bisognosi.
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